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Temporary manager nel web marketing

Come temporary manager del digital marketing mi occupo di organizzazione, gestione e formazione dei team digital nelle imprese, al fine di renderli autonomi e competitivi nel mercato e settore di riferimento.

Ecco almeno 4 casi in cui puoi avere bisogno di un temporary manager:

  1. devi temporaneamente colmare un vuoto all’interno dell’impresa per la gestione del marketing online;
  2. hai necessità di trovare subito soluzioni professionali ad alcune criticità e risolvere problemi interni alla tua azienda per organizzare al meglio il team digitale;
  3. devi creare uno staff interno che nel lungo periodo sia in grado di occuparsi delle attività di web marketing e collaborare con gli altri rami aziendali;
  4. vuoi formare i tuoi collaboratori su diverse tematiche del web marketing.

Per capire se sono io la figura della quale hai bisogno continua a leggere l’articolo dove parlo di:

  • temporary manager per start up;
  • manager temporaneo per aziende già avviate;
  • figure professionali per il team web marketing e attività outsourcing.
Engage, temporary manager Marsella

Il temporary manager del marketing online può collocarsi in qualsiasi tipo di impresa, ovviamente il suo contributo sarà diverso a seconda della tipologia.

Ad esempio, è raro che una start-up italiana possa permettersi un intero gruppo di lavoro dedicato al digital marketing senza un importante investimento. In questo contesto il manager “a tempo” dovrà individuare le aree strategiche sulle quali puntare inizialmente e quelle che, invece, potranno essere affidate in outsourcing a breve o anche a lungo periodo.

Invece, nel caso di Brand già affermati, l’esigenza è differente. Solitamente si tratta di Imprese che hanno già una divisione di digital marketing ma, ad esempio, potrebbero voler far lavorare le risorse “in modo più efficiente”.

In generale possiamo dire che il temporary marketing manager è un professionista assunto per gestire temporaneamente una o più attività di marketing per un’azienda. Le attività possono variare in base all’azienda per cui lavora e al progetto specifico assegnato.

Le responsabilità di un temporary marketing manager possono includere:

  • sviluppo di strategie di marketing: il temporary marketing manager può aiutare l’azienda a definire gli obiettivi di marketing e a sviluppare un piano per raggiungerli.
  • Gestione del budget allocato per il marketing online.
  • Implementazione delle campagne online come strategia SEO, annunci pubblicitari, promozioni, eventi o altre iniziative online per promuovere l’azienda.
  • Analisi dei dati di marketing.
  • Collaborazione con altre funzioni aziendali: in primis con il team di vendita e di sviluppo del prodotto, per garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Digital Temporary Manager per start up

Nel caso della start up, l’azienda non ha idea o ha idee poco chiare su come procedere per la promozione online del proprio brand, prodotti e/o servizi.

Alcune delle domande che più spesso mi vengono poste:

  • Quali sono le figure indispensabili?
  • Quali risorse sono necessarie a lungo termine e quali a breve?
  • Cosa posso fare in outsourcing?
  • Come creare un team interno che si occupi di web marketing senza incidere eccessivamente sul budget?
  • Quali sono i canali web prioritari rispetto ad altri?
  • Quale budget dovrei allocare?

Digital Temporary Manager per Azienda già avviate

Le aziende già avviate che hanno carenze interne relative al reparto marketing online, hanno ovviamente esigenze differenti. In questo caso le richieste più frequenti sono:

  • devo formare il team web marketing ma non so dove questo è carente.
  • Ho bisogno di risolvere una criticità che sta procurando danni all’immagine aziendale online.
  • Non riesco a trovare una risora che possa integrare il team del marketing online.

Figure professionali indispensabili

Come “manager a tempo” nel web marketing mi trovo molto spesso davanti a situazioni dove il mio interlocutore ha bisogno di qualcosa, ma non sa esattamente cosa. Vuole far affermare la propria azienda e farla diventare un brand online riconosciuto e riconoscibile. Tuttavia non ha idea di come, quando e quanto costi.

A seconda degli obiettivi prefissati e delle previsioni di crescita, le soluzioni possono essere almeno 3:

  1. soluzione ibrida;
  2. team interno;
  3. outsourcing.

Qualora non fossero stati fissati né obiettivi né previsioni di crescita sarà necessario partire dal c.d. punto zero.

Soluzione ibrida

A mio avviso la migliore soluzione che si adatta alla maggior parte delle aziende italiane di media dimensione, è quella ibrida. In questo caso le attività core del marketing e della comunicazione online vengono assegnate a una o più risorse interne all’impresa mentre le altre vengono affidate a consulenti o aziende esterne. Inevitabilmente ci saranno attività che non potranno essere affidate a esterni perché richiedono una profonda conoscenza del prodotto e/o servizio che si vuole vendere o pubblicizzare online, come ad esempio la redazione di contenuti.

Questa soluzione prevede la creazione di un team di web marketing interno con figure professionali indispensabili e l’affidamento in outsourcing di attività che possono essere demandate temporaneamente o senza alcun termine.

Nonostante alcune attività possano essere date in outsourcing, le aziende dovrebbero poter contare su una o più risorse interne che conoscano – come le proprie tasche – prodotti e/o servizi dell’impresa che rappresentano e possano quindi parlarne” e comunicare online nel modo migliore. A tale proposito possono quindi aver bisogno di un’indicazione strategica e questa indicazione viene appunto offerta dal manager temporaneo del marketing online.

E infatti, tra le mie prime attività, c’è proprio la creazione di un team di web marketing interno all’azienda. Questa attività generalmente si concretizza in tre step principali declinabili in altre attività più specifiche:

  1. selezione e colloquio dei canditati;
  2. formazione;
  3. strategia e affiancamento (formazione on the job)

Ho coniato questo termine (soluzione ibrida) applicato a questo contesto diversi anni fa, in occasione di un intervento che ho tenuto all’Università degli Studi della Tuscia nel 2014. Concetto che ho poi ripreso più volte anche in altre occasioni formative dove gli interlocutori erano e sono le imprese come nel caso del corso di perfezionamento in Strategie e Marketing Digitali del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli studi Roma Tre.

Team interno

A seconda del budget l’impresa può selezionare figure professionali senior o junior, ovviamente con tutti i pro e i contro del caso. Quel che suggerisco sempre è di non allocare risorse “alle quali avanza del tempo per fare cose”. Se la segretaria ha una laurea in Lettere non è assolutamente detto che sia, per questo, portata per occuparsi della redazione dei contenuti.

Sostanzialmente nella definizione dei ruoli del team si potrà scoprire o meno anche quanta poca importanza sia stata data alla definizione dei ruoli di tutte le risorse interne. In questo modo si potrà dare un contributo non indifferente a tutta l’impresa. (serendipity).

Sicuramente, ed è un’altra cosa che suggerisco, l’attuale e incalzante competizione che troviamo in tutti i settori ci impone in primis di comunicare il brand in modo corretto e più personale possibile. Cosa che, a mio avviso, è impensabile di poter affidare all’esterno. Per spiegarmi: la redazione di contenuti “core” per l’azienda deve essere fatta da chi l’azienda la vive quotidianamente e la vive da tempo, certo, con il supporto di chi sa confezionare il tutto.

Per cui se c’è una figura interna che proprio non può mancare, sia nelle start up che a maggior ragione nelle imprese già affermate, è sicuramente il copy writer : chi si “occupa e preoccupa” dei contenuti anche su indicazioni del management, del SEO e del customer care se già esistente (una manna dal cielo).

Attività outsourcing

Tra le attività date in outsourcing c’è generalmente la SEO che, appunto, almeno all’inizio, viene delegata a società o consulenti. Poi possono accadere 2 cose:

  • ci si sente sicuri di poter occuparsi della SEO in casa propria;
  • si preferisce delegare “a vita” questa attività.

Nel primo caso, se ciò corrisponde al vero perché nel frattempo è stata erogata anche formazione, l’azienda avrà al suo interno un know how di tutto rispetto e potrà solo saltuariamente affidarsi a un consulente esterno e/o prevedere corsi di aggiornamento per i suoi dipendenti.

Se invece il fatto di “sentirsi sicuri” dipende da una lacuna concettuale, il rischio è più grande.

Le lacune concettuali, nella maggior parte dei casi, possono essere identificate in queste 2 affermazioni:

  1. tutto va bene, quindi andrà bene anche dopo;
  2. possiamo pensarci noi a fare title e titoli.

In entrambi i casi significa che l’azienda non ha compreso in che cosa consista la SEO. E questo può essere colpa del temporary manager e/o della formazione erogata approssimativamente.

Per rispondere ai due punti di esempio:
1. l’ottimizzazione di titoli e testi è una piccolissima parte della SEO, certo importante;
2. una cosa che va bene non è detto che vada bene per sempre, considerando anche il fatto che online i competitor sono all’ordine del giorno.

Se credi che la tua impresa abbia uno o entrambi questi “problemi” ti invito a leggere un articolo che ho scritto su LinkedIn sulla comfort zone dei team di digital marketing, qui: www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:7209453448163995648/

Le opportunità del Digital

E-commerce, social commerce, customer experience online, collezione e analisi dei dati al fine di personalizzare al massimo le comunicazioni via e-mail e messaggistica, micro-influencers e poi brand e fiducia nel marchio. Queste sono le opportunità a cui guardare nel breve periodo, nel nostro Paese.

La situazione pandemica ha sdoganato definitivamente la questione dell’acquisto online e della messaggistica come WhatsApp e Social per vendere anche senza sito web. Il Social Commerce è di fatto una realtà oramai ma improvvisarsi è decisamente pericoloso. L’utente è stato in qualche modo costretto a farsi una cultura web meno superficiale rispetto a prima e questo ha significato, significa e significherà che non basterà certo un carrello per fare un e-commerce.

Per fare un paio di esempi, HP® ti consente di vedere – dal vivo – un prodotto, quindi ad esempio un laptop, che ti viene mostrato da un commesso all’interno di un negozio. In pratica è come se tu fossi nel negozio ma in realtà sei “semplicemente” online. E in più tu puoi vedere il commesso ma il commesso non può vedere te. Il servizio si chiama HP Live Expert e – esattamente come accade nella realtà – è “aperto” dal lunedì al venerdì dalle ore 09.30 alle ore 18.00.

Si potrebbe obiettare che “è HP”, ma anche brand più piccoli fanno cose simili. Altro esempio è KikkiLine, un negozio di calzature di Rimini che fa spesso dirette Facebook nelle quali vengono “semplicemente” mostrate le scarpe, il negozio, l novità e le promozioni, e ci si intrattiene con gli utenti online che interagiscono chiedendo informazioni.

Guardando ai c.d. big data, o più genericamente ai data, il fatto che il data scientist, anche in Italia, sia divenuta una delle figure più ricercate ci dice quanto valore i dati stiano assumendo, finalmente, anche agli occhi delle imprese. Il futuro sarà sempre più data-driven.

Il fatto che WhatsApp abbia dato il via al servizio di pagamento (annunciato a giugno 2020 direttamente da Zuckerberg su Facebook, per il Brasile: “inviare e ricevere denaro è facile come condividere foto”) e, alle imprese la possibilità di vendere (“Per fare ciò, stiamo costruendo su Facebook Pay, che fornisce un modo sicuro e coerente per effettuare pagamenti attraverso le nostre app”) è la normale evoluzione di quel che è accaduto durante il lockdown. Anche molte piccole attività locali italiane hanno appeso alla vetrina il numero di telefono per “ordinare tramite WhatsApp).

Concludendo

L’accelerazione digitale è stata forzata dalla pandemia e siamo tutti concordi sul fatto che ne avremmo piacevolmente fatto a meno, ma c’è stata e non si tornerà indietro. Sta al temporary manager riuscire a cogliere le opportunità senza necessariamente sconvolgere le aziende ma ascoltando attentamente esigenze e possibilità, fornendo loro soluzioni semplici e soprattutto monitorabili.

Contattami se hai necessità di maggiori informazioni su questa consulenza, invia un’email a info(chiocciola)mariachiaramarsella.it

Approfondisci l’argomento

Ne ho scritto su LinkedIn anche con un articolo intitolato: Le sfide ricorrenti nei team SEO e il ruolo della formazione “on the job”

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